La Padania è quel territorio dai confini virtuali che vanno dal Piemonte al Veneto, passando per la Lombardia e lambendo l’Emilia Romagna.
È una zona che, ideologicamente, sarebbe dovuta diventare indipendente negli anni ’90 in seguito alla proposta del noto partito politico Lega Nord.
Come tutti ben sappiamo questo non avvenne, ciononostante i padani d.o.c. rivendicano tutt’oggi i loro ideali separatisti nei confronti dello Stato Italiano.
Lasciandoci alle spalle le vicende politiche legate a questo territorio, non possiamo non considerare le sue caratteristiche urbanistico-visive. L’uniformità paesaggistica la fa da padrona, così come la singolarità dei suoi abitanti.
C’è poi chi ha deciso di studiare i territori padani, di esplorarli mostrandone le peculiarità.
Nasce così Padania Classics.
Spiegateci meglio chi siete, da quali settori provenite e quali sono le intenzioni di questo progetto.
Padania Classics è un progetto di indagine del territorio, iniziato come documentazione fotografica, che ha l’obiettivo di identificare ‘i classici padani’ nel campo dell’estetica, dell’architettura e dei comportamenti umani del nord Italia.
Il progetto è stato iniziato dalla documentazione fotografica raccolta da Filippo Minelli, artista che lavora indagando il paesaggio e creando all’interno dello stesso e dalla sua diffusione.
Al progetto web hanno poi iniziato a collaborare un graphic designer ed un modellatore 3D che ha realizzato le animazioni del video promo di Visit Padania, ed ora lavoriamo alla pubblicazione de L’Atlante dei Classici Padani con Krisis Publishing ed Emanuele Galesi, giornalista.
Come è iniziato tutto, cosa vi ha spinti ad intraprendere un viaggio così ambizioso e scrupoloso?
È iniziato scherzando fra noi dei disastri e delle cose buffe che ci circondano, chiedendoci dove sia l’eldorado venduto dalla propaganda politica per decenni, visto che quello che abbiamo attorno lo conosciamo bene e che non è di certo stato creato da altri se non da noi stessi, con responsabilità trasversali a tutti gli schieramenti politici.
Il pubblico a cui intendete rivolgervi è quello prettamente “fotografico”, oppure lo avete immaginato come un qualcosa di più ampio, che sconfini dal mondo della fotografia?
Padania Classics non è solo un progetto fotografico e non ci siamo mai rivolti al mondo della fotografia.
Emanuele ha titolato in un articolo sul progetto ‘Il paesaggio siamo noi’ e non c’è niente di più vero, quindi fin dall’inizio abbiamo scelto canali come Facebook all’interno del quale il pubblico è molto vario.
Cerchiamo di coinvolgere tutti e preferiamo non mantenere sempre lo stesso approccio di presentazione come dimostrato anche dai progetti online paralleli di Visit Padania e la sua partecipazione con finti stand aziendali a fiere.
Per i “viaggi di ricerca” come vi siete organizzati? Inoltre, avevate collaboratori spot in alcune zone o è stata una perlustrazione basata interamente sulle vostre forze?
La documentazione fotografica è stata tutta raccolta da Filippo Minelli, spostandosi in auto con lo stesso atteggiamento che potrebbe avere la google-car. In questo aiuta anche il rapporto coi social media, perché capita che qualcuno ci segnali posti precisi di indubbia particolarità.
Se in questi anni ho ben osservato la Padania posso affermare che i vostri scatti lombardi potrebbero benissimo essere stati scattati in Veneto e viceversa e lo stesso esempio potrei farlo col Piemonte.
È forse questo il concetto di “Classico padano” a cui fate riferimento? In caso contrario chiariteci le idee.
Si è esattamente questo e la conferma ci arriva di nuovo dai social media: spesso gli utenti che commentano le fotografie scrivendo: “questo è a Vicenza, dietro casa mia!”, mentre invece la fotografia è stata scattata a Lodi, per esempio.
Questa apparente confusione in realtà sottolinea quanto l’urbanistica, l’architettura, gli stili e la comunicazione siano ormai indistinguibili nelle diverse aree. E anche di come tutti abbiamo una palma in plastica fluo a portata di mano.
Trovo insolita la scelta di non mostrare le province, anche solo in lontananza, soprattutto in vista dell’Expo in una città come Milano, che, insomma, di cambiamenti ne sta sopportando e ne sopporterà.
E poi escludere le aree naturali, perché? Non le considerate parte integrante di questi territori?
In realtà quelli fotografati sono esclusivamente paesaggi di provincia, quello che c’è fra una città e l’altra, e la scelta che ho fatto fin dall’inizio è stata quella di escludere non soltanto i paesaggi naturali, che non sono palesemente opera nostra, ma di escludere anche i centri storici del nord Italia in quanto anch’essi sono patrimonio di secoli fa, concentrando quindi l’indagine solamente sul contemporaneo.
Quello che compete alle scelte razionali delle nostre generazioni, già ampiamente uscite dal dopoguerra, e che non hanno vissuto alcun tipo di crisi fino al 2008.
Per finire.
So che, qualche settimana fa, avete dato il via ad un crowdfunding (una “raccolta fondi” per chi non ne fosse a conoscenza) volto alla pubblicazione di un vero e proprio Atlante dei Classici Padani.
Diteci di più.
Stiamo silenziosamente lavorando all’Atlante dei Classici Padani da sei mesi e, dopo aver vagliato varie strade, abbiamo scelto di iniziare il crowdfunding per coinvolgere gente lontana che non solo è interessata al prodotto cartaceo, ma che condivide anche questa necessità di cercare di capire, attraverso l’analisi del territorio, cosa siamo diventati.
La raccolta fondi verrà integrata con altri sponsor che si stanno avvicinando offline, per poter pubblicare i tre volumi: Territorio e paesaggio, Aziende, Intrattenimento, Religione.
L’Atlante potrà essere anche usato come guida turistica, in quanto sarà riportata la posizione gps di tutte le fotografie che conterrà e tanti altri dettagli interessanti.
Potete supportare la pubblicazione dell’Atlante su Indiegogo.
Ringraziamo tutti i componenti di Padania Classics.
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